Per capire qualcosa fermiamo e catturiamo qualche pensiero che riguarda l’oggetto da capire. A causa dell’identificazione con la mente fermiamo e catturiamo pensieri dalla mattina alla sera per interpretare, definire, capire noi stessi. Cercate lo sfondo di silenziosa consapevolezza provando a non fermare la mente; Lasciate andare il pensiero senza intervenire. L’identità con la mente si romperà e si paleserà come REALE solo lo sfondo puro e silenzioso della consapevolezza, assolutamente intoccato dagli oggetti mentali: SEI TU. Marco Mineo
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Io Sono il continuo riconoscimento di non essere niente. Di duale, di impermanente, percepibile, limitato, composto da parti, nominabile, legato da causa ed effetto, dipendente da altro, legato al tempo, legato allo spazio, soggetto a mutamento, che abbia inizio e fine. Marco Mineo
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Marco: — Dimora nell’osservatore il più possibile. Allievo: — Non capisco dove portare l’attenzione. Marco: — In nessun luogo! Non puoi trovarti come oggetto. Essere il testimone significa sapere che ovunque si poggi l’attenzione, ogni cosa percepita, compreso il senso del ‘me’ che si appropria di un corpo, non è Me! Questa è conoscenza non veicolata da nulla, non collegata a nessuna forma, eterna ed impersonale. Allievo [dopo aver lavorato su: “Senti la paura di …”, alternato con “Senti la presenza consapevole senza mente”]: — Nell’osservazione c’è una sorta di resa totale dove non trovo nessun tipo di identificazione, non c’è un io-persona. Se in questo stato di resa mi viene chiesto di sentire il problema, mi rendo conto che…
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Cosa significa risalire dagli oggetti percepiti al Soggetto percipiente? Significa spostare l’attenzione da ció che la persona percepisce a Quello in cui la persona è percepita. La pratica dell’osservazione ha due fasi: inizialmente l’attenzione è su ciò che la persona osserva: è un’osservazione duale, condizionata, essendo riferita ad un “me” contrapposto all’altro da me. Questa osservazione non conduce nè alla beatitudine nè alla libertà, poichè non implica l’Abbandono. Persistendo, prima o poi ci accorgiamo che anche il senso del “me” personale è osservato, e che la vera Osservazione include sia la persona che ciò che la persona percepisce. È Osservazione non duale quindi, non ha niente a cui riferirsi, e non è riconducibile a nulla, essendo l’Assoluto stesso, e non…
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Maestro: Attraverso quale luce tu vedi? Discepolo: Il sole di giorno, il lampo di notte. M: Attraverso quale luce vedi queste luci? D: L’occhio. M: Attraverso quale luce vedi l’occhio? D: La mente. M: Attraverso quale luce vedi la mente? D: Me stesso. M: Dunque Tu sei la luce di tutte le luci. D: Si, lo sono. (Da “Ekasloki” di Sri Shankara, contenuto come supplemento nei “Quaranta versi sulla Realtà” di Ramana Maharshi).
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Sri Bhagavan: — Può l’occhio vedere sé stesso? Il dottor Syed: — Naturalmente no. Può vedere ogni altra cosa, ma non sé stesso. Sri Bhagavan: — Ma se volesse vedere sé stesso? Il dottor Syed fece una pausa e poi disse: — Può farlo solo se riflesso in uno specchio. Sri Bhagavan colse la risposta e commentò: — È così. La creazione è lo specchio dell’occhio affinché veda sé stesso. A questo punto domandai a Sri Bhagavan se con parola inglese ‘eye’ intendesse dire ‘occhio’ oppure ‘io’ [entrambe in inglese si pronunciano allo stesso modo]. Sri Bhagavan disse che figurativamente potevamo prenderla come ‘occhio’ (eye) e letteralmente come io (I). [Ricordi, vol 2]
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Allievo: — Oggi non sono riuscito a meditare… Marco Mineo: — Perché? Allievo: — Provavo ansia e agitazione, non riuscivo a rilassarmi. Marco: — Quando pratichi non dovresti porti un obiettivo, se dici “non riesco” significa che vorresti riuscire ad ottenere qualcosa che non c’è. Allievo: — Succede così, inizio a meditare, mi metto in ascolto e piano piano entro in uno stato più rilassato e mi disidentifico da tutti questi pensieri e sto bene. Oppure, come oggi, si presenta un groviglio di pensieri che non mi permette di meditare. Marco: — Questo groviglio di pensieri avviene nello spazio della consapevolezza, se il tuo obiettivo celato diventa togliere il groviglio, la tua attenzione resta nel pensiero. Devi diventare talmente aperto…
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Allieva: – Quando pratico l’Osservazione io sono osservatore, osservo la mente, il corpo, cio che ho attorno, ma non sento che sto osservando “oggetti” anzi sento che sto osservando la comune percezione di me identificata. Marco Mineo: – Osserva e basta! Non curarti se senti di stare osservando oggetti o senti di stare osservando te stessa. OSSERVA SENZA GIUDIZIO! Dividere oggetto e soggetto, me e altro da me È IL GIOCO DELLA MENTE!
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Osservando attentamente possiamo vedere come nasce e si consolida il collegamento dell’Io con la forma. È un collegamento automatico che non è dato una volta per tutte, ma viene riconfermato ad ogni istante attraverso un sottile movimento di fuga: il volere altro da ciò che è. Volere altro da ciò che è crea l’apparente “altro da me”. Di conseguenza nasce la relazione di attaccamento e avversione tra “me” e altro da me. Questa relazione crea il senso dell’accadere, del divenire, e l’avvicendarsi di desiderio e paura la consolida fino a farci dimenticare che l’Io è la Realtà, perfetta consapevolezza. Quando si comincia a desiderare la quiete, iniziamo ad esserne attratti, e si indebolisce la dipendenza dall’accadere, che si rivela finalmente…
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Indagando l’IO si giunge a vedere che non è chi fa, nè chi pensa, non è il mutare delle sensazioni che etichettiamo come corpo, nè i pensieri cui diamo il nome “mente”. Questi sono istanti, qualcosa che nemmeno accade, poichè per esserci un “accadere” devono esserci più istanti. Ma tutti possono verificare da sè che ne esiste solo uno, quello presente, un riflesso nello specchio della Presenza. Marco Mineo