Allieva: — La meditazione si ferma ad un massimo di 10 minuti, interrotti da leggeri attacchi di ansia. Non lo avrei mai detto, ma il corpo si ribella almeno quanto la mente al lasciarsi andare.
Credo di aver preso coscienza del senso di essere, ma per pochi secondi, ed è ancora tutto in superficie.
Talvolta ho un senso di vertigini quando lo contatto e poi provo a scendere in profondità, come di cadere nel vuoto… e ancora mente e corpo che si oppongono.
Marco Mineo: — Si tratta di fenomeni dovuti alle resistenze acquisite nel corso del tempo che fissano l’attenzione in superficie, nel fenomenico.
Bisogna alternare l’abbandono con lo sforzo di contattare il senso di essere. Come una vanga che affonda nel terreno e va sempre più in profondità man mano che si rimuove la terra.
Alla fine abbandono e dimorare nel senso di essere si rivelano essere la stessa cosa: L’abbandono completo È completo dimorare nell’Essere.
Allieva: — Ho letto, non ricordo dove, che potrebbe essere che non è ancora il momento per lavorare sull’essere. Se fosse cosi nel mio caso da cosa potrei dedurlo?
Marco: — Ci sono tanti metodi con cui lavorare, ma alla fine per essere fruttuosi devono giungere all’autoindagine, quindi perché non cominciare fin da subito con l’essenziale, ovvero il senso di essere che è comune a tutti?
Ci sono tanti livelli di profondità con cui si percepisce il senso di essere, anche se si percepisce in modo grossolano va bene.
Tu senti di non poter lavorare col senso di essere? Quale metodo pensi possa essere più adatto a te?
Allieva (dopo qualche giorno): — Sì, sento di poter lavorare col senso di essere. Ancora di più adesso che so come riconoscerlo, anche se sono ad un livello grossolano e superficiale.
Non conosco metodi, ma conoscere il senso di essere mi sembra il metodo diretto. È la mente onnipresente che mi disturba.
Marco: — Ti disturba perché la disturbi! Se non la richiami e non la neghi, ovvero se non ti identifichi in colei che pensa, o colei che possiede la mente, o colei a cui si riferisce la mente, essa acquisisce il suo proprio ritmo naturale, la sua armonia.
Rinuncia ad essere la titolare della mente.